GUERRE STELLARI

Articolo a cura di Ernesto Bossù.

Quarantaquattro anni fa usciva un capolavoro del cinema, destinato a cambiare la storia del grande schermo e non solo. Guerre stellari, conosciuto forse più come Star Wars, è infatti entrato, checchè se ne dica, nella vita di ognuno di noi, in un modo o nell’altro. Oggi se ne parla ancora (tanto), e questo non può che fare piacere. Occorrerebbe tuttavia non soffermarsi solo sul genere fantascienza, bello ma limitato a sé stesso, quanto anche su quello della realtà. La stessa realtà ove una vera e propria guerra spaziale (o stellare), con la concezione che abbiamo di questa, con bombardamenti e morti, ancora, fortunatamente,
non c’é. E speriamo di non vederla mai. Un conflitto invece, riconducibile in primis al campo della Geopolitica e in secundis a quello dell’Economia, esiste eccome.

Il “territorio spaziale”, così si può definire, pare lontano non solo perché dista un’immensità, ma anche perché i mezzi a nostra disposizione per raggiungerlo, e conseguentemente “conquistarlo”, sembrano inidonei. Questa è una mezza verità. Da un lato la tecnologia non ha ancora raggiunto livelli di sicurezza e innovazione eccelsi. Basti pensare alle numerose sonde che di anno in anno cadono, perdono il controllo e non arrivano mai a destinazione. Ma è altresì vero che alcune, oggi molte, spedizioni vanno a buon fine. E quando un missione riesce, ora per lo Stato, ora per l’Azienda privata, è un motivo di vanto. Peraltro, come dicevamo prima, sia dal punto di vista prettamente economico ma anche e soprattutto geopolitico (o “spaziopolitico”) un positivo epilogo è nodale. Pertanto dobbiamo cominciare a vagliare ogni singola parola di leader politici ed imprenditori che progettano un’espansione spaziale, perché essa influisce (o influirà) ineluttabilmente nelle nostre vite.

Nel 2017 Donald Trump ha ripristinato il cosiddetto National Space Council, voluto nel 1958 dall’allora capo del Governo USA Eisenhower e affiancato dalla NASA. Due anni fa l’ex Presidente ha anche istituito anche la U.S. Space Force, per “proteggere gli interessi Usa e alleati nello spazio, acquisire sistemi militari spaziali, formare professionisti militari dello spazio, sviluppare la dottrina militare per la potenza spaziale, organizzare forze spaziali a disposizione dei nostri Comandi combattenti”, riconfermata poi da Biden, come lo stesso NSC. Questo perché dal punto di vista di Washington occorre tenere l’asticella dell’attenzione parecchio alta, al netto delle mosse dei paesi concorrenti. E anche perché tra il 2024 e il 2028 la Stazione Spaziale Internazionale (ISS) terminerà il proprio corso, lasciando un vuoto importante nello spazio alla NASA, specie se non riuscirà a privatizzarla.

Durante la Global Space Exploration Conference è infatti intervenuto Pei Zhaoyu, il vicedirettore del Centro di Esplorazione Lunare e Programma Spaziale dell’Agenzia Nazionale Cinese per lo Spazio (CNSA), affermando che “Cina e Russia stanno progettando di lanciare 6 missioni all’interno della fase preparatoria della costruzione di una base lunare internazionale”. È un altro segnale della possibile, ora probabile, futura collaborazione tra il Dragone d’Oriente e l’Orso russo. Come ha detto poco tempo fa a formiche.net fa Xavier Pasco, uno dei maggiori esperti di politica spaziale in Europa, “la Russia riconosce che la Cina è una potenza spaziale in ascesa, con grandi disponibilità di investimenti che è disposta a mettere in campo per competere con gli Stati Uniti su tutti i fronti. Per Mosca un’alleanza con Pechino è positiva sul fronte delle tecnologie e delle partnership internazionali, come sul progetto della stazione lunare (che dicono essere aperta ad altri Paesi), utile per mostrare che esiste un’alternativa alle progettualità americane”. Tra l’altro la stessa Cina ha inviato da poco tre taikonauti nello spazio ed è riuscita ad ottenere le prime immagini a colore di Marte.

Bisogna considerare inoltre che la Russia ha espresso anche la volontà di abbandonare il progetto della Stazione Spaziale Internazionale (ISS) entro e non oltre il 2025. Un forte segnale, che fa trapelare la volontà di Mosca di affiancare Pechino nella lotta bipartisan con Washington&Co. Se al giorno d’oggi c’è, però, ancora poco di ufficiale, è perché Putin vuole avalli considerevoli da Xi Jinping. Vista da fuori, la Cina appare uno stato incontrollabile, e anzi, egemone sugli alleati. La Russia non ci sta a non indossare la veste di primadonna e pretende garanzie. Va verso questa direzione il Memorandum of Understanding di inizio marzo, ove non è presente in modo esplicito un patto tra le due potenze, ma un aiuto reciproco per favorire la ricerca. Pare perciò che i due nemici della potenza oltreoceano, uno storico e l’altro contemporaneo, stiano acquisendo la forma mentis de “l’unione fa la forza contro gli Stati Uniti”. Tra l’altro il Memorandum sta anche riscuotendo un risultato pratico, con la Russia che sta beneficiando di piattaforme di lancio cinesi e il Dragone di un generatore di isotopi del Cremlino.

Anche qui c’è da chiedersi cosa voglia fare da grande l’Unione Europea. A metà giugno Thierry Breton, commissario europeo del Mercato interno, e Josef Aschbacher, direttore dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) hanno firmato il “Financial framework partnership agreement” (Ffpa), una sorta di quadro normativo che programma e finanzia l’iter spaziale del vecchio continente da qui al 2027. Quasi 15 miliardi sul piatto da spalmare in 6 anni, con delle complicanze burocratiche nel mezzo e cifre che, rispetto a paesi come Stati Uniti e Cina, sono ridicole. Quando si parla di ESA, infatti, bisogna considerare che ne fanno parte anche stati extra Unione Europea, come Svizzera e Regno Unito, e per questo l’ingerenza UE in essa non è gradita. Viene in aiuto l’Agenzia dell’Unione Europea per il programma spaziale (EUSPA, già GNSS), che prima dell’arrivo di Breton aveva relazioni pessime con l’Agenzia Spaziale Europea ma che ora, grazie alla diplomazia del commissario europeo, ha ripristinato i rapporti, ponendosi così de facto da intermediario tra UE ed ESA. Ora alla Commissione spetta un ruolo di vigilanza su EUSPA, che ha un compito operativo, ed ESA, con una mansione più tecnica.

L’importanza dello spazio è incommensurabile. Anche da quello dipende la nostra vita quotidiana, con servizi terrestri forniti da infrastrutture extraterrestri. Basti pensare al comune navigatore, che è aggiornato e connesso continuamente proprio grazie al collegamento con specifici satelliti oltre l’atmosfera. Investire sullo spazio oggi, in modo serio e imponente, sarebbe un gesto di maturità e lungimiranza. Ma va fatto, specie a livello europeo, un progetto che coinvolga più stati possibili. Quella che amo definire la “Spaziopolitica” è una derivazione, neanche troppo iperbolizzata, della Geopolitica, che si fa insieme, non da soli, anzitutto per prevalere sui competitor. L’Italia e il suo Governo si faccia carico di questo onere, e costruisca assieme all’Unione Europea un punto di riferimento per l’intero pianeta.